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Ecco l'intervento e le foto della catechesi che Don Massimo Musso ha tenuto lunedì 3 dicembre in cripta.

Lunedì prossimo, 10 dicembre, secondo appuntamento sull'Avvento. Vi Aspettiamo!

1. Schema sulla spiritualità dell’Avvento

1. Avvento deriva dal latino adventus ( = venuta, presenza) che, a sua volta, traduce il vocabolo greco parusia. La parola parusia indicava la venuta e la presenza in una città dell’imperatore romano o di grandi personalità. In ambito cristiano indica la presenza e la venuta di Gesù in questo mondo, in questa dimensione.

2. Storicamente nella seconda metà del IV secolo è testimoniato un tempo di preparazione liturgica di tre settimane alla festa dell’Epifania in Spagna e nella Gallia. L’Epifania allora era la celebrazione di tre “manifestazioni” di Gesù: ai Magi, al Battesimo nel Giordano, alle nozze di Cana. Era quindi, insieme alla Pasqua, il giorno dei battesimi dei nuovi cristiani. A Roma la celebrazione dell’Avvento è più tardiva. Infatti, papa Leone Magno (+461), teologo del Natale, non vi fa accenno. Sappiamo però che già ai tempi di Gregorio Magno (+ 604), l’Avvento, di quattro settimane, era celebrato a Roma. Sembra però che dapprima il tempo di Avvento durasse sei settimane (com’è ancora oggi nel rito ambrosiano). Sembra che sia stato proprio san Gregorio Magno ad aver abbreviato il tempo di Avvento da sei a quattro settimane.

3. Oggi, nel rito romano, il tempo di Avvento (di quattro settimane) celebra un triplice “avvento” ( = venuta-presenza) di Cristo. Un Avvento passato ( = la sua nascita a Betlemme), un Avvento ultimo (alla fine dei tempi e della nostra esistenza terrena) e un Avvento intermedio ( = nella Parola, nei sacramenti, nei poveri, in ogni uomo, nel cosmo). All’inizio l’Avvento contemplava solamente una venuta iniziale ( = Betlemme) e una finale di Gesù ( = alla fine dei tempi) . A partire dal medioevo, soprattutto con san Bernardo (+ 1153), si parla anche di un terzo e “medio” Avvento: in ogni istante della nostra esistenza .

4. Che cosa celebra oggi il tempo di Avvento? La prima venuta di Gesù tra i suoi nel Natale a Betlemme e il suo ritorno alla fine dei tempi (cf. la prima domenica di Avvento). Può sembrare che ci sia una sovrapposizione tra le due venute. In effetti c’è, invece, una correlazione: il Natale è primizia e conferma della venuta ultima di Gesù. Come le profezie si sono compiute, nonostante le difficoltà e il peccato, così anche la seconda venuta del cristo si compirà. Inoltre, il legame tra la prima e la seconda venuta di Gesù è data dal fatto che non è altro Cristo che torna, un cristo diverso ma lo stesso nato da Spirito Santo e da Maria Vergine. L’Avvento, più che un carattere penitenziale come la Quaresima dovrebbe avere una tonalità di “gioiosa attesa” della Parola fatta carne perché la carne fosse salvata (cf. Tertulliano). Il carattere penitenziale venne dato, a quanto pare, da san Colombano e dai suoi monaci. Tuttavia, nel rito romano è rimasta viva la distinzione tra il tratto penitenziale quaresimale e quello di attesa gioiosa dell’Avvento, proponendo due tipi di colore viola per le vesti liturgiche: il crocco per l’Avvento e il viola vero e proprio per la Quaresima (cf. M. Righetti). Il Gloria in Avvento non viene recitato, come in Quaresima, per motivi penitenziali, ma pedagogici: si omette in attesa del canto solenne del Gloria nella notte di Natale, la notte in cui per la prima volta è stato intonato dagli angeli.

5. Qual è la spiritualità dell’Avvento? Quella dell’attesa, della speranza, della pazienza. Speranza certa però. Come Gesù è già venuto e a portato a compimento le profezie e le attese di felicità dell’uomo, così verrà ancora per portare definitivamente a perfezione la felicità umana. Questa certezza ( = saremmo felici con e per lui) ci fa andare avanti nonostante le difficoltà. Isidoro di Siviglia affermava che in latino la parola speranza (spes) deriva da piede ( = pes, pedis). La speranza è la virtù che ci fa camminare, la virtù del futuro. Se la fede, in un certo senso, ci lega al fondamento storico della vita, morte e risurrezione di Gesù e la carità al presente dell’amore l’altro, la speranza è l’ancora (suo simbolo iconografico) che ci lega al futuro e definitivo Avvento del Signore Gesù. Un’ultima nota teologica: parlare di una “seconda venuta” di Gesù non è perfettamente corretto teologicamente. Non si tratta infatti della venuta di un assente, ma della manifestazione universale, pubblica di una presenza nascosta nella storia, quasi come il lievito nella pasta. Sarebbe più corretto quindi parlare di una manifestazione visibile e pubblica della presenza e della signoria del Risorto. L’Avvento è, dunque, come affermava Benedetto XVI, “il periodo che fa memoria della venuta di Dio fra noi… ci sarà dato (nell’Avvento che ricomincia), ancora una volta, di fare esperienza della vicinanza di Colui che ha creato il mondo, che orienta la storia e che si è preso cura di noi giungendo fino al culmine della sua condiscendenza con il farsi uomo. proprio il mistero grande e affascinante del Dio con noi, anzi del Dio che si fa uno di noi, è quanto celebreremo nelle prossime settimane camminando verso il santo Natale” .

La liturgia della Parola d’Avvento, sia domenicale che feriale, contengono un cammino di conversione che la Chiesa ci propone e che non conviene lasciar cadere. Iniziamo dalla liturgia domenicale, per passare poi alla feriale.
Le quattro domeniche d’Avvento possono essere definite, in base alle letture bibliche, nel modo seguente: 1. Domenica dell’attesa della venuta del Cristo; 2. Domenica della conversione; 3. Domenica dell’accoglienza; 4. domenica dell’annuncio. Molto interessante, direi, questo percorso. In principio, ci ricorda la Chiesa in Avvento, non c’è la conversione, non c’è l’uomo. In principio c’è la Parola che viene facendosi carne (cf. Gv 1,1.14), la Parola che continuamente viene (1 domenica). L’accoglienza di questa Parola umanata è la conversione dell’uomo (2 e 3 domenica). Prima c’è l’essere amati, solo successivamente e in seconda battuta l’amare. Detto altrimenti: prima c’è una sorta di conversione di Dio a noi, un prendersi cura di noi. Poi una conversione di noi a Dio e di un prendersi cura dei nostri fratelli in umanità annunciando loro la Parola (4 domenica). Un gruppo di persone ( = comunione) che evangelizza ( = missione) affinché altri possano aggiungersi al gruppo dei discepoli di Gesù ( = comunione). La missione appare, dunque, come una comunione che si allarga sempre più a cerchi concentrici, il cui centro è la Parola fatta carne.
La 4 domenica d’Avvento (quella dell’annuncio) è sempre una domenica mariana. Del resto, storicamente il culto mariano nella liturgia nasce proprio durante l’Avvento, nelle ferie immediatamente precedenti il Natele (dette “ferie maggiori”). Ferie nelle quali viene proclamato il cosiddetto Vangelo dell’infanzia secondo Matteo e secondo Luca. Soprattutto il Vangelo dell’infanzia secondo Luca è intriso di presenza mariana. Forse non è inutile ricordare che l’icona bizantina dell’Annunciazione è detta Evanghelismos ( = Evangelizzazione).
Ecco, per esempio, lo schema delle letture bibliche nel ciclo domenicale d’Avvento dell’anno C.
I profeti: 1. Ger 33,14-16 un germoglio di Davide; 2. Bar 5,1-9, mettiti in piedi Gerusalemme; 3. Sof 3,14-18, rallegrati figlia di Sion; 4. Mic 5,2-5, Betlemme, culla del Messia.
L’apostolo: 1. 1 Ts 3,12-4,2; quando verrà il Signore; 2. Fil 1,4-6.8-11, integri nel giorno di Cristo; 3. Fil 4,4-7, la vostra amabilità sia nota a tutti; 4. Ebrei 10, 5-6, entra Gesù nel mondo.
Il Vangelo: 1. Lc 21,25-28.34-36, la liberazione è vicina; 2. Lc 3,1-6, predicando un battesimo di conversione; 3. Lc 3,10-18, battezzerà con lo Spirito Santo; 4. Lc 1,39-54, Maria visita Elisabetta.
Se la prima domenica, dal punto di vista della proclamazione evangelica, è dedicata alla venuta ultima del Signore; la 2 e la 3 hanno come protagonista il Battista che annuncia la conversione; la 4 e ultima Maria modello di come si accoglie e si annuncia la Parola.
Il cammino di conversione appare chiaro, nella prima lettura: accogliere il Cristo germoglio (nuovo inizio), che nasce a Betlemme ci (ri)mette in piedi, gioia. Nella seconda lettura: la venuta, la parusia del Signore genera integrità di vita, gioia e affabilità. Nei testi evangelici: la venuta ultima di Gesù stimola in noi la conversione attraverso un battesimo di Spirito Santo e ci rende missionari della Parola sulle strade accidentate di questo mondo, come Maria.

Le letture feriali fino al mercoledì della 2 settimana d’Avvento ci fanno intravedere, attraverso il rimando “profezia” (1 lettura) e “compimento” (2 lettura) quali sono i tratti salienti, le caratteristiche del Cristo che è venuto, che viene e che verrà alla fine dei tempi. A partire dal giovedì della 2 settimana i testi evangelici ci parlano del precursore per eccellenza della venuta del Messia: Giovanni il Battista o (appunto) il Precursore. A partire dal 17 dicembre (le cosiddette “ferie maggiori”), la proclamazione evangelica si concentra sui primi capitoli di Matteo e di Luca, che ci narrano proprio i mesi e i giorni immediatamente precedenti il Natale del Signore.
Queste “ferie maggiori” sono caratterizzate dalle antifone al Magnificat in O. Dette così perché iniziano con l’invocazione-esclamazione “O” (dal 17 al 23 dicembre). In latino, leggendo in ordine inverso le iniziali dei titoli messianici che seguono la O (ossia dal 23 al 17 dicembre) si ottiene l’acrostico ero cras ( domani sarò, ossia il 25 dicembre). I titoli messianici dal 23 al 17 dicembre sono i seguenti: Emmanuel, Rex gentium, Oriens, Clavis David, Radix Iesse, Adonai, Sapientia.
La liturgia della Parola feriale ci ripropone il cammino di conversione già donatoci da quella domenicale: la venuta di cristo nella carne suscita in noi la conversione e l’accoglienza. Ciò significa due cose: è l’amore gratuito di Dio in Gesù che fa nascere la conversione (e non viceversa); 2. Non siamo amati perché buoni, ma è l’amore preveniente di Dio che ci rende buoni. Interessanti le letture della prima parte dell’Avvento (dal lunedì della prima settimana al mercoledì della seconda) che descrivono il Cristo che verrà alla fine dei tempi. È lo stesso, le stesse disposizioni di clemenza (guarisce i ciechi, prepara un banchetto, ecc…) del Gesù terreno, vissuto tra noi.
Concludo riportando qui i numeri 3 e 4 dell’esortazione apostolica Marialis cultus di san Paolo VI, i quali riassumono bene il contenuto teologico, liturgico e spirituale dell’Avvento e dell’inserimento al suo interno della solennità dell’Immacolata Concezione (8 dicembre).
Così, nel tempo di Avvento, la Liturgia, oltre che in occasione della solennità dell'8 dicembre - celebrazione congiunta della Concezione immacolata di Maria, della preparazione radicale (cfr Is 11,1. 10) alla venuta del Salvatore, e del felice esordio della Chiesa senza macchia e senza ruga –, ricorda frequentemente la beata Vergine soprattutto nelle ferie dal 17 al 24 dicembre e, segnatamente, nella domenica che precede il Natale, nella quale fa risuonare antiche voci profetiche sulla Vergine Maria e sul Messia e legge episodi evangelici relativi alla nascita imminente del Cristo e del suo Precursore. In tal modo i fedeli, che vivono con la Liturgia lo spirito dell'Avvento, considerando l'ineffabile amore con cui la Vergine Madre attese il Figlio, sono invitati ad assumerla come modello e a prepararsi per andare incontro al Salvatore che viene, vigilanti nella preghiera, esultanti nella sua lode. Vogliamo, inoltre, osservare come la Liturgia dell'Avvento, congiungendo l'attesa messianica e quella del glorioso ritorno di Cristo con l'ammirata memoria della Madre, presenti un felice equilibrio cultuale, che può essere assunto quale norma per impedire ogni tendenza a distaccare – come è accaduto talora in alcune forme di pietà popolare – il culto della Vergine dal suo necessario punto di riferimento, che è Cristo; e faccia sì che questo periodo – come hanno osservato i cultori della Liturgia – debba esser considerato un tempo particolarmente adatto per il culto alla Madre del Signore: tale orientamento Noi confermiamo, auspicando di vederlo dappertutto accolto e seguito.

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